Il 29 marzo il Ghetto di Venezia compie 503 anni: forse non tutti sanno che è il più antico quartiere ebraico del mondo, tanto che la parola “ghetto” deriva dal veneziano “geto” ossia fonderia: in quest’area un tempo sorgeva una fonderia appunto. Oggi il Ghetto, con le sue cinque sinagoghe, il Museo Ebraico e le altissime case-torri, è un vivo e frequentato rione della città, nel sestiere di Cannaregio. Esistono anche un asilo, una casa di riposo, una foresteria, due ristoranti e un panettiere dove acquistare e mangiare Kosher.
Per quasi tre secoli, dal 1516 al 1797, il ghetto di Venezia era un’area della città chiusa e gli ebrei non potevano abitare al di fuori dei suoi confini. Robusti cancelli chiudevano i due ingressi del Campo del Ghetto Nuovo e ogni sera gli abitanti dovevano rientrare e rimanere rinchiusi fino al mattino successivo. Con la caduta della Repubblica e l’avvento di Napoleone furono eliminate le discriminazioni nei confronti degli ebrei. Le porte del ghetto furono tolte così come l’obbligo di residenza.
Oggi si accede al ghetto attraverso tre ponti, ma in passato ve ne erano solo due: quello che conduce al rio della Misericordia non esisteva. Negli stipiti in pietra del sottoportico che conduce al Ghetto Vecchio rimangono ancora i segni dove si trovavano i cardini delle porte e dei cancelli che venivano richiusi al tramonto.
Il 1938, anno di promulgazione delle leggi razziali fasciste, vide gli ebrei privati dei diritti civili e l’inizio delle persecuzioni nazi-fasciste che a Venezia portò alla deportazione di 246 ebrei veneziani: di questi solo 8 fecero ritorno dai campi di sterminio.
Prima di una visita al Ghetto è utile consultare il sito della comunità ebraica, che riporta il calendario delle festività, l’itinerario al museo diffuso del Ghetto e molti testi sulla storia degli ebrei a Venezia.